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L’amico di mio nonno
Caro nipote,
sono tuo nonno Francesco. Vorrei raccontarti, se avrai la pazienza di leggere ciò che ho da dirti, di qualcosa che ha cambiato la mia vita… l’amicizia.
Ero giovane e spensierato anche se la miseria e la fame mi toglievano la forza e la voglia di vivere.
Non avevo ancora capito cosa fosse l’amicizia, ma come un fulmine a ciel sereno, incontrai una persona. Cominciò così, in una fredda notte invernale: a quel tempo ero un soldato di leva come ben saprai, spettava ad ogni soldato di fare la guardia a turno, e quella sera toccò proprio a me. Non avevo dormito neanche la sera prima perché avevo dovuto sostituire il mio compagno. Ora, come avrai già potuto intuire quella notte caddi improvvisamente in un sonno molto profondo, senza potermene accorgere (è una cosa molto grave per un soldato, si rischia di essere sbattuti in prigione per alcune settimane. La fortuna volle che un altro soldato che passava di lì si accorgesse di me e mi svegliasse poco prima del cambio, evitandomi così il freddo pungente della prigione della caserma. Dopo essere uscito dalla caserma tornai al mio lavoro e venni a sapere che il soldato che mi aveva svegliato quella notte viveva qui a Sansepolcro, andai a trovarlo e ci intendemmo molto: saremmo diventati sempre più amici. In questa lettera io ti voglio insegnare a dare valore all’amicizia, come il bene più grande che un uomo possa avere. L’amicizia è generosa e sincera ed è l’unica forza che tiene uniti nelle difficoltà della vita. Io sono stato fortunato perché ho conosciuto un amico vero che ha creduto in me, come io ho creduto ciecamente in lui abbiamo affrontato tutto insieme come una cosa sola. Il suo nome era Partenio Giambagli, un ragazzo testardo, ma allegro e generoso, con il quale rimase amico per tutta la vita. Lui mi diede la forza di credere in mio figlio Enzo, il quale, dopo il diploma, decise di mettersi in proprio per creare un’azienda dal nulla, mentre io dovevo badare al resto della mia famiglia alla mia azienda e me stesso. Enzo volle aprire un nastrificio (non ha ancora capito come gli sia venuto in mente un’idea simile?), una fabbrica dove si producono nastri elastici per valigie e per calzature. Il problema principale era il fatto che i macchinari per l’industria tessile (macchinari tedeschi) costavano tantissimo anche solo per la spedizione. Il mio amico Partenio venne con me per chiedere i prestiti necessari e, dato che conosceva molto bene l’inglese, telefonò alle aziende più importanti che erano produttrici di queste macchine tessili e si interessò dei prezzi e delle qualità sia dei macchinari che del prodotto tessile che veniva di conseguenza. Arrivò la prima macchina e la montammo sotto casa nel garage; cominciammo, insieme a mi figlio, fabbricando campioni di nastro cercando di farci conoscere alle fiere campionarie del settore e viaggiando per l’Italia. Arrivammo molto più lontano, fino in Danimarca, Francia e Germania. Con il passare del tempo arrivarono via via più ordini.
Partenio ed io andavamo a portare di persona i campioni di elastico fin nelle Marche, dove c’erano molte valigerie e calzaturifici, con tanta passione e costanza, portavamo a casa qualche ordine di nastro. Intanto a casa io come tu sai, avevo quattro figli e mia moglie malata e spesso in ospedale. Fortunatamente avevo mia sorella Agnese che seguiva i miei figli in tutte le necessità con un amore immenso e materno. Dato che spesso eravamo lontani da casa, non ci potevamo fermare per mangiare perché dovevamo continuare diritti ancora diverse ore per risparmiare tempo. Partenio non aveva mai imparato a guidare e quindi non potevamo fare a turno, ma sapeva come tenermi sveglio: raccontava tante di quelle storie che qualche volta stesse improvvisando. Era un gran chiacchierone ed oltre tutto bravissimo nel canto: fischiava un’opera classica dall’inizio alla fine senza sbagliare una nota. Non l’ho mai visto scoraggiato, mai triste o arrabbiato, ma lui era felice, era sereno e io lo ammiravo per questo.
Quando ebbi un infarto e fui ricoverato, lui mi disse che, se non fossi sopravvissuto, avrebbe allevato i miei figli come se fossero stati i suoi, che non avrei dovuto preoccuparmi di niente: sarei tornato in forma in men che non si dica! Tutti i giorni Partenio portò la mia famiglia a trovarmi con il taxi che lui stesso aveva pagato, diceva che grazie al sostegno dei miei cari sarei guarito molto presto, ma lo vedevo molto preoccupato. Mentre io ricominciavo la mia vita normalmente, il mio amico diventava sempre più stanco giorno dopo giorno, come tutti i suoi anni gli fossero piombati addosso tutt’ad un tratto. Una sera, dopo il lavoro, ci salutammo senza estasi, quasi senza guardarci negli occhi, come si fa tutti i giorni. Quella sera Partenio si addormentò e non si svegliò più… forse era troppo orgoglioso per ammettere di essere diventato vecchio, ma io non potrò mai dimenticarlo, mai e poi mai, perché un’amicizia così forte supera il tempo. Ti racconto questa storia perché tu mio caro nipote, possa credere nell’amicizia vera, disinteressata. Purtroppo non ho mai potuto raccontarti a voce la mia personale esperienza dell’amicizia perché non ho potuto vederti nascere, ma attraverso la storia che ti ho raccontato, la mia memoria e quella di Partenio continueranno a sopravvivere in te.
Con affetto
Tuo nonno Francesco
Andrea Settanni